Una domenica d’autunno nel Carso triestino

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Domenica mattina, la prima di Novembre. E’ una di quelle giornate in cui mi sveglio con una gran voglia di salire, di guardare il mondo dall’alto; la tentazione di una domenica in montagna è forte, ma seguo la curiosità che mi porto dentro da tempo: una passeggiata nel Carso, alla ricerca del suo specialissimo, piccolo “foliage”. Piccolo perché circoscritto a quella zona che circonda Trieste che è appunto il Carso triestino, dove cresce un particolare arbusto chiamato Sommaco o anche in maniera suggestiva “albero della nebbia”, per le particolari infiorescenze piumate, che proprio in autunno tinge il Carso di accese fiammate che vanno dal giallo oro al rosso brillante della porpora (foto di copertina di Alessandro Zanini). Uno spettacolo che ogni anno si rinnova, e che personalmente non avevo mai visto dal vivo.

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IL CARSO TRIESTINO: L’ALTOPIANO DEL GUSTO E DELLE MERAVIGLIE NATURALI

L’altopiano del Carso delinea a est i confini del Friuli Venezia Giulia, da Gorizia e Trieste, tuffandosi con ripide scogliere nel Mare Adriatico. Un paesaggio unico, che onestamente non penso esista altrove; la pietra è bianca e aspra; l’acqua si inabissa e scorre per chilometri sotto terra, scavando doline e grotte di cui la Grotta Gigante, rappresenta l’esempio più spettacolare, col suo primato della più grande cavità aperta ai turisti visitabile al mondo! Carso è anche Duino con il suo magnifico castello, da cui parte il sentiero Rilke a picco su bianche falesie, che per la straordinarietà botanica e faunistica dell’ambiente in cui si collocano, sono riserva naturale.

Ma Carso è anche e soprattutto tradizione eno-gastronomica, custodita e promossa gelosamente dalle sue “osmizze”, tradizionali osterie tipiche, spesso divenute mete di gourmet, che propongono le specialità tipiche del territorio, come la “jota” gustosa minestra a base di crauti fagioli e patate, gli immancabili cevapcici, rotoli di carni varie piccanti, o ancora il Kaiserfleisch (carrè di maiale affumicato) di memoria austro-ungarica, o ancora le mille ricette delle zuppe di pesce con le erbe aromatiche, i fritti misti, il prosciutto di Praga con rafano fresco grattugiato, o ancora la gregada di calamari e patate.

Trieste è una città per scopritori!

…e onestamente è stato soprattutto questo il richiamo di questa bella domenica di cui vi voglio raccontare: potevo infatti non fare un salto alla 15° edizione dei Sapori del Carso, iniziativa nata proprio per preservare i sapori della tradizione locale e la memoria delle ricette di un tempo?

OSTERIA FERLUGA: DA SEMPRE LASSU’, SULLA COLLINA DI CONCONELLO

Sarò impopolare forse, ma di Trieste e dei suoi dintorni adoro soprattutto le bellezze meno “visibili”, i borghi carsici, quei piccoli luoghi quasi incantati, sperduti in mezzo al verde, in bilico tra terra e mare.

Da Duino-Aurisina a San Dorligo della Valle, da Sistiana  a Basovizza, il Carso triestino è un susseguirsi di paesi che sembrano usciti da un libro di storia, dove si vive ancora di tranquillità, di un tempo lento, aria buona, natura e tranquillità. La destinazione del mio pranzo domenicale all’insegna dei sapori del Carso è il borgo di Conconello a soli 4 km da Trieste, una collina che offre una delle più strepitose viste sul golfo e sulla città di Trieste. 

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Lì, ad attenderci, l’antica Osteria Ferluga (Conconello/Ferlugi, Via Bellavista 12, 0039 347 1396133), testimone immutata delle escursioni d’altri tempi dei triestini, quando raggiungere la collina di Conconello veniva ancora considerata una gita fuori porta e non, come oggi, una periferia della città comodamente raggiungibile in auto o scooter.

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L’impressione entrando nel giardino del locale, confermata poi anche dagli interni, è che l’Osteria sia rimasta praticamente indenne al passare del tempo.

Un ambiente familiare, immutato, con lo stesso panorama mozzafiato sul Golfo e sulla città, la stessa semplicità nell’accogliere gli ospiti

…e offrire loro un viaggio nel gusto e nella cultura gastronomica del territorio ispirato a sapori veri e genuini, privi di fronzoli e …incredibilmente apprezzati anche da palati difficili come quelli dei miei figli! Noi siamo partiti dal sempre amatissimo baccalà mantecato, abbiamo proseguito coi cappellacci fatti in casa ripieni di cappesante e serviti con pesto agli agrumi e pedoni; imperdibili le seppie in umido con polenta anche se tra i secondi abbiamo avuto una certa difficoltà a scegliere tra i sardoni impanati (uno dei “must” del posto) il tonno alla griglia e un fritto misto…. finalmente fritto a regola d’arte!

L’Osteria propone un ottimo menù anche per agli amanti della carne: il classico cordon bleu de noantri, qui viene realmente realizzato a regola d’arte, a partire dall’utilizzo del prosciutto crudo. E nel caso, resta sempre l’alternativa di una tagliata di manzo. In una lista semplice ma completa, insomma, si privilegia il pescato del mese e la carne di sempre, con con qualche aggiornamento invernale, quando un goulash o una minestra preparata in modo tradizionale sono un ottimo rimedio alle rigide giornate invernali. Noi abbiamo pranzato all’interno (cuore di mamma non voleva far prendere freddo ai bambini!), ma abbiamo invidiato profondamente le eleganti e distinte signore triestine mangiare fuori, ben incappottate pur di non perdersi la magia di quel panorama sul mare all’ombra di silenziosi alberi secolari!

Ultimo dettaglio: la certezza di poter essere sempre serviti!

Perché, ed è una delle caratteristiche più originali del luogo, tiene banco l’orario sloveno, e dunque tra le 12 e mezzanotte potete mangiare a qualsiasi ora.

Prezzi assolutamente corretti, in rapporto alla proposta e alla qualità offerta, con una forbice che oscilla tra i 20 e i 30 euro. Ci tornerò sicuramente, magari d’estate la stagione magica per eccellenza per rivivere un’esperienza fuori dal tempo e senza tempo, come lo è stata questo pranzo d’autunno nel Carso.

I COLORI DEL CARSO D’AUTUNNO: SOGNO O REALTA’?

Ne avevo sentito parlare, avevo visto parecchie immagini, ma, credetemi, passeggiare d’autunno lungo gli innumerevoli sentieri che si dipanano nell’altopiano carsico è stata un’esperienza davvero emozionante. Noi abbiamo scelto un tratto della pista panoramica forestale Sella di Banne – Sella di Monte Spaccato, conosciuta come passeggiata De Rin, accessibile poco sopra il borgo di Conconello. Dopo pochi metri dall’inizio del sentiero, il bosco autunnale si dirada lasciando spazio ad una piana caratterizzata dalla landa carsica nella quale tra alberi solitari e i verdi cespugli del ginepro, irrompono con una forza quasi innaturale i colori del Sommaco: rosso fuoco, arancione e giallo. A pochi chilometri di distanza abbia voluto ripetere la passeggiata attraversando la vallata delle Alture di Polazzo, a poca distanza dall’omonimo Parco rurale: lassù lo spettacolo lascia decisamente senza parole

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Incredula di tanta Bellezza, ho contemplato a lungo questo affresco della Natura: lo guardavo con gli occhi, ma sentivo che mi parlava dentro, una carezza ristoratrice, un toccasana per uno spirito spesso turbato da una quotidianità troppo veloce e intensa, che ha trovato, invece, nel Carso un attimo di indescrivibile sollievo.

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Tramonto dalla Riserva naturale dei laghi di Doberdò e Pietrarossa – foto di Alessandro Zanini,  instagram @zanini1976 –

 

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