
Esistono luoghi talmente carichi di bellezza e passato che hanno la capacità di farci toccare la parte più intima di noi, quella che rende la nostra esistenza qualcosa di grande, dando un senso speciale al nostro vivere. L’antica Pieve di San Pietro a Zuglio, rappresenta per me uno di questi luoghi; mi ci reco spesso, quando ho bisogno di distrarmi dai ritmi frenetici della quotidianità, dalla confusione dei sentimenti, dai tanti rumori e dalle tante parole delle nostre giornate. Quando sono alla ricerca di attimi di quiete.

La Pieve di San Pietro vista da Zuglio (Ph. Gigliola Di Piazza)
LE ORIGINI DELLA PIEVE DI SAN PIETRO
La si riconosce da lontano immediatamente. Arrivando da Tolmezzo, lo sguardo viene subito catturato da una chiesa che fiera della sua posizione, domina la valle: la pieve di San Pietro a Zuglio. La storia di questo luogo di culto è collegata alle vicissitudini di Zuglio, l’antica Iulium Carnicum, la città romana più settentrionale d’Italia, fondata qualche decina di anni prima di Cristo a protezione dell’importante via Julia Augusta. Di questo glorioso passato al visitatore contemporaneo resta la possibilità di visitare il Museo Archeologico ospitato nel settecentesco Palazzo Tommasi Leschiutta, a pochi passi dal Foro Romano, attualmente unica zona archeologica visibile.
Lasciato alle spalle il paese, la pieve di San Pietro si raggiunge facilmente dirigendosi verso l’omonimo colle attraverso una stradina che rapidamente ti dà quella sensazione di distacco e ascesa. Nel tratto finale la si raggiunge a piedi e man mano che ci si avvicina cresce quel senso di distacco e appagante pausa dal mondo e dai suoi rumori.

Solitaria e austera la pieve è un tesoro di storia (Ph. Gigliola Di Piazza)
Le pievi erano nel Medioevo istituti giuridico-religiosi a capo di un preciso territorio; cominciano ad essere create su impulso dell’evangelizzazione proveniente dai principali centri urbani cristiani. Le Pievi in Carnia, in particolare, nascono sotto la spinta della città di Aquileia e del suo Patriarcato.
E la Pieve di San Pietro è la più antica della Carnia, la Pieve Madre.
ARCHITETTURA GOTICA DI STRAORDINARIO PREGIO
Il pianoro che si incontra all’inizio della salita che porta alla chiesa ha una storia molto antica.
Ogni anno infatti nella ricorrenza dell’Ascensione si svolge il rito del “Bacio delle Croci”: ciascuna chiesa che un tempo faceva parte della giurisdizione della Pieve di San Pietro invita la sua croce ornata da nastri multicolore per rendere omaggio alla Croce della Chiesa Madre; un’esperienza di cui sono stata testimone molte volte e di cui ricordo la suggestione delle croci ornate a festa mista al fascino di quella ritualità così fuori dal tempo e per questo così autentica.

Il panorama dalla Pieve regala allo sguardo e allo spirito orizzonte e quiete (Ph. Gigliola Di Piazza)
Raggiunto il sagrato della chiesa, il primo sorprendente regalo al visitatore è un panorama impareggiabile su tutta la Valle del Tagliamento sottostante; la chiesa non è sempre aperta in quanto al suo interno custodisce tesori di rara bellezza; pochi giorni fa, quando ho rivisitato la Pieve sono stata fortunata e imbattendomi nel custode abbiamo lasciato che l’entusiasmo mio e dei bambini lo convincessero a condurci personalmente all’interno.
Accediamo alla chiesa attraverso un portone in ferro del 1400: mi accompagnano i bambini e sento che anche loro condividono quel senso di soggezione e rispetto per un luogo così profondamente spirituale.
La costruzione della chiesa così come la si può ammirare oggi risale al 1312, quando il Patriarca di Aquileia ne dispone l’architettura gotica con un’unica navata, quattro altari e un battistero. Osservo in silenzio i tesori che mi circondano: alcun pregiati altari (fra cui quello ligneo intagliato nel 1494 da Domenico da Tolmezzo, l’altare della Madonna del Rosario realizzato nel 1590 da Gian Antonio De Agostinis, il cinquecentesco altare di Sant’Antonio di G.D. Dall’Occhio), un organo barocco e pale settecentesche.
Tesori di storia, testimonianze artistiche di rara bellezza, un paesaggio lento e poetico; ma è soprattutto quel senso di intensa spiritualità del luogo che ci rapisce accompagnandoci anche al rientro.

Un capolavoro dell’arte rinascimentale è l’altare ligneo di Domenico Da Tolmezzo (1481)

Restituite poche settimane fa 5 statue dei Santi Apostoli trafugate nel 1981
ORARIO DI APERTURA anno 2017:
dal 20 GIUGNO al 31 AGOSTO ogni giorno dalle 10.00 alle 13.00 e dalle 15.30 alle 18.00
APERTURE UFFICIALI:
Marcia della Pace (31 dicembre)
Festività dell’Ascensione – Rito del “Bacio delle Croci” (maggio/giugno)
LA POLSE DI COUGNES: UNA NUOVA IDEA DI ACCOGLIENZA
Poco lontano dalla Pieve è possibile visitare la Polse di Cougnes, un centro ecumenico di accoglienza, cultura e spiritualità.
La polse è un toponimo che si trova in ogni paese friulano. “Riposo” in lingua friulana, era il luogo nel quale si era soliti riposare, su una strada, su un sentiero. La polse dai muàrs, il riposo dei morti, era il luogo attrezzato per deporre la bara sulla strada per il cimitero, quando i morti si portavano a spalla. La polse in questione era il posto ove ci si riposava salendo a piedi da Zuglio a Fielis o scendendo da Fielis con i morti da seppellire nel cimitero della Pieve.
Colgo lo spirito e l’orgoglio per aver realizzato una grande opera, oltre che un grande sogno, parlando con Don Giordano Cracina, anima e stratega del progetto, che quello stesso pomeriggio ci ospita con quell’entusiasmo sincero e pulito di chi è abituato all’accoglienza e all’inclusione. Ci vengono aperte le porte della Cappella Ecumenica, luogo suggestivo e dalla forte spiritualità: circolare, con altare che sorge significativamente su una marmorea stella di Davide, ospita l’affascinante idea di preghiera comune cristiana cattolici, protestanti ed ortodossi.
Ma è la Porta Ecumenica costruita a simbolo delle 3 fedi monoteiste, cristiana, ebraica e islamica che mi colpisce.
In fondo in quel luogo discreto e silenzioso è racchiuso un messaggio che è esempio, e per questo ha una forza speciale: un invito al dialogo e al confronto…ma soprattutto al distacco e alla riflessione, come antidoto contro gli integralismi e le divisioni, contro la diffidenza e la cultura del sospetto. Oggi la Polse è un sogno che con grandi fatiche e grandi sacrifici di volontari accorsi da tutta l’Italia ha preso forma e vita grazie ad un caleidoscopio di eventi e attività che animano il centro: incontri, gemellaggi, convegni, giornate di festa, mostre di pittura, corsi di formazione, campi scout, visite guidate, serate osservative, e conferenze.
Attraverso pensierosa il Giardino dei Semplici, uno stupendo orto botanico di circa 1200 piante per lo più autoctone realizzato su quattro terrazze: la prima ospita le piante alimentari e quelle velenose, nella seconda e nella terza sono sistemate le piante curative e quelle utilizzate per amari e liquori in genere; nell’ultima sono collocate alcune famiglie botaniche tipiche della Carnia. Un lavoro scientifico e certosino, frutto di tanti volontari, tanti semplici, appunto, che hanno dedicato tempo e passione ad un progetto di comunità e di condivisione nuovo e sfidante.
Lascio la Polse sollevata. In fondo quel significato originario di luogo di riposo è oggi più attuale che mai, un riposo dell’anima e dello spirito. Per erranti alla ricerca, per animi inquieti, per quanti puntano ad un altrove non ben chiaro che affondi le radici in una storia antica e guardi al futuro con gli occhi dell’accoglienza e della tolleranza.
Arrivederci, Zuglio.