
Se dovessi descrivere con un profumo la Carnia questo sarebbe quello del bosco. Odore di erba bagnata, di natura silenziosa che si schiude e ti riempie. Quell’odore che quando ero piccola mi diceva che la pioggia era finita, che si poteva tornare a giocare fuori e che tutto riprendeva lentamente a muoversi.
Ho risentito quel profumo qualche sera fa durante una passeggiata a Rigolato, altrettanto silenzioso paesino a quota 760 metri d’altitudine, penultima roccaforte friulana (pardon, carnica) prima di farsi travolgere dalle maestose Dolomiti a ovest e dalla corona di monti che ci separa dall’Austria a nord. E così la mattina dopo, con la compagnia di un tempo ballerino e di grossi nuvoloni a bassa quota, mi sono fatta portare a Givigliana, posto fatato che val ben una messa.
“Givigliana val ben più che una messa!”
Givigliana, frazione di Rigolato, si erge a quota 1.124 m s.l.m., un incantevole terrazzo sulla Carnia, roccaforte di una storia ben radicata nelle pietre dei suoi casolari, e di una bellezza segreta custodita con gelosia. E parlo di gelosia a ragion veduta: per raggiungere questo gioiello si deve proseguire la strada statale che percorre la Val Degano, e appena usciti dal paese di Rigolato seguire le indicazioni alla propria sinistra, che guidano in un impervio zigzagare di curve di un quarto d’ora massimo verso un paesino che si apre al mondo.
E la visuale che si può ammirare appena parcheggiato in paese val ben più che una messa!
Quando anche la Carnia aveva i suoi coccodrilli…
Lo direste mai che un paesino a penzoloni sui monti, tante case abbarbicate ancora con coraggio alle mezzacosta del Monte Crostis, godesse della fama di “Paese dei coccodrilli”?
C’è chi dice che la nomea derivi dal temperamento malinconico e un po’ lamentoso della gente del posto, costretta a vivere in condizioni precarie e non certo agiate.
Quel che resta oggi, ad ogni modo, è un’esotica e quanto mai singolare panca ricavata da un fusto d’albero con tanto di fauci spalancate. Chapeau!
“Un campanile vestito a festa”
Punto di partenza per una visita a questo sepolcro di curiosità, è la piazza di Givigliana. Alle spalle di una terrazza sulla Carnia, che offre una visuale “da primo bacio” sull’intera Val Degano, si erge, fiero e solitario, (che si tratti di un richiamo al sopracitata specie rettile?) il campanile di Givigliana.
Fatto costruire nel 1951, nel 2002 si è deciso di valorizzare questo capolavoro d’imponenza affidando a quattro artisti il compito di ridipingere le sue facciate. Ognuna con un suo stile e una sua identità, uno spaccato della vita di un tempo che fu si mescola agli sgargianti colori di una terra che vive ancora, malgrado fatichi a stare al passo coi tempi.
Uno sguardo va concesso anche alla vecchia “ostario”, facilmente riconoscibile dall’insegna in legno e da un listino dei gelati sbiadito dal tempo. Impossibile non pensare ai capifamiglia qui riuniti per quattro chiacchiere e ai turisti assetati, che hanno trovato rifugio e “un bon tai” dentro queste mura.
Quando anche le case si fanno compagnia
Proseguendo a piedi, si imbocca una piccola mulattiera che si erge, con una ripidità ormai non più tipica dei nostri paesini, ad accogliere, strette una vicina all’altra in modo quasi confidenziale, gruppi di case in pietra, in legno, con stalle, alcune ormai coi tetti infossati, altre impeccabilmente ristrutturate.
Piccole cappellette votive, Cristi mai dimenticati, ma anche dipinti ai muri delle case, insegne col nome della famiglia che le abita. E ancora quel profumo d’erba appena tagliato, quel mantenere vivo, oggi come si può, uno scrigno di terra che contiene le nostre radici.
Camminiamo in silenzio, e ci stupiamo del fatto che molte case, a dispetto di quanto pensavamo, sono aperte: finestre spalancate, profumo di carne alla griglia; nell’ultima casa del paese, inerpicata a salutare il bosco che si avvicina sempre più, una tavola ben apparecchiata, calici rivoltati a testa in giù, due bottiglie di vino e una brocca d’acqua fresca attendono familiari di ogni età, o chissà, amici lontani…
“Tra nuvole e lenzuola”
Rapiti da squarci di Carnia, da sprazzi di nuvole e lenzuola, ci intrufoliamo tra una casa e l’altra, colpiti dall’ordine e dalla cura riservate ad ogni singola abitazione. Non un filo d’erba fuori posto ma un paese in silenzioso fermento, che ci guarda dall’alto e si gode la vita.
Il “bondì” dei proprietari di casa, che non ci riservano sguardi curiosi ma piuttosto il tempo di un saluto garbato.
“Che bello sarebbe montare un’amaca”, chiudo gli occhi e sento il profumo dei fiori di sambuco.
Suonano le campane, si è fatto mezzogiorno, e anche per noi si avvicina l’ora di pranzo. Scendiamo la mulattiera che ci riporta alla macchina. Vengo catturata da quei zampilli d’acqua che sgorgano dalle fontane e dai muri di Givigliana.
L’acqua scorre veloce a memento della vita laboriosa delle donne nei campi, della vita di fatica lontano da casa dei “cramârs” e delle corse senza tempo dei bambini che qui sono cresciuti. E che qui ritornano volentieri.
Vivere oggi Givigliana
Oggi Givigliana conta meno di una decina di abitanti, una specie di paese fantasma. Nessun bar, nessuna scuola, nessun punto di ritrovo rimasto.
Scadendo nel luogo comune, potremmo dire che è facile parlare bene di un posto per poi tornarsene a casa, che vivere a Givigliana oggi, senza un super mercato, una strada a due corsie di marcia, uno sbocco diretto alla civiltà, è pura utopia. Un gioco che non vale la candela. Diremmo che si tratta di uno dei tanti paesi destinati non solo a spopolarsi, ma addirittura a spegnersi.
Ma a sentire quei “bondì” detti col cuore così aperto da farti sentire a casa, quel profumo di carne da quelle finestre spalancate, che ti danno quasi il benvenuto, quell’ordine che parla d’amore e quel campanile che porta sulle sue facciate la vita, viene da pensare che no, almeno Givigliana non si spegnerà.
Lascio Givigliana, il paese dei coccodrilli e dei silenzi garbati, tra squarci di sole e gocce di pioggia. E il cuore rasserenato.
Stefano
Gennaio 20, 2017Brava cara Paola e grazie per tutto ciò che sei riuscita a cogliere in un posto dove il tempo si sia fermato ma tutto vive ancora……
admin
Gennaio 20, 2017Grazie a te Stefano! Mi fa piacere sia emersa l’anima più vera e incontaminata della nostra terra, sperando sia di buon auspicio! Paola
francesco romanin
Ottobre 19, 2017Cara Paola bellissime le foto di un luogo per me sempre stato magico, grande, struggente nostalgia! Ho bellissimi ricordi, andavamo a piedi con la scuola..e “Prè Linch” veniva ogni tanto a casa mia. Era un ciclone di energia e simpatia! E raccontavano, lui e mio nonno storie incredibili. Non ci vado da tantissimi anni, purtroppo. Ho visitato molti luoghi di montagna in Europa e pochissimi hanno lo stesso fascino, forse due o tre qui in Piemonte. Potrebbero fare un gemellagio, anche le lingue hanno similitudini notevoli, sia il patois che il “riguladot” hanno tante parole in comune che terminano con la “o”! E sui monti Tatra a Zakopane ho trovato identici attrezzi agricoli! Mi è tornato il desiderio di rivisitare Givigliana che vedevo dalle finestre di casa mia da ragazzino. Grazie Paola!! Francesco fran2004@libero.it
admin
Novembre 20, 2017Grazie a te Francesco per le belle parole e le preziose condivisioni, sono contenta le mie immagini abbiano riportato alle memoria ricordi così intensi. Non posso che trovarmi d’accordo con te: in nessuno dei miei viaggi ho ritrovato un posto come Givigliana, i suoi preziosi silenzi e le sue uniche peculiarità, tra cui quell’inconfondibile cadenza con la “o”! Sarebbe davvero interessante pensare a un gemellaggio, una bella idea per ridare vita a una realtà così suggestiva e unica di cui si dovrebbe continuare a raccontare! Un saluto Francesco!
Lorenza
Luglio 10, 2022Grazie cara Paola. I tuoi preziosissimi articoli ci fanno conoscere luoghi che mai avremmo altrimenti scoperto. Ti prego, continua a tenerci informati, anche se conosciamo la fatica di elaborare testi per un pubblico non sempre grato !!
Lorenza