Maniago e Barcis: alla scoperta del Made in Friuli che spopola all’estero

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Che la terra friulana sia fucina di espedienti e di talenti nascosti, ormai non me ne stupisco più. Le mani friulane lavorano e trasformano in potenziale il legno, gli alimenti che la terra, a volte avara, offre, l’acqua e le idee. E la Valcellina ne è stata l’ennesima (e garantita) conferma.

Siamo approdate a Maniago in un un caldo e frenetico sabato di luglio. La mia unica, vaga e fuoriviante associazione con queste zone portava il nome di Primo Carnera (che errore!), pertanto la curiosità e il desiderio di rivalsa non erano pochi. Per chi fosse in difetto con la geografia come me, Maniago è uno dei comuni facenti parte della Valcellina, vallata nella pedemontana pordenonese attraversata dal fiume Cellina di cui fanno parte comuni come quello di Barcis, Andreis, Erto e Casso. Importante terra di confine tra le Alpi Carniche e quelle Bellunesi, ma anche tra il Friuli e il vicino Veneto, la Valcellina preserva accenti, mestieri e tradizioni peculiari.

Ed eccoci al Museo dell’Arte Fabbrile e delle Coltellerie. Sorrido quando il benvenuto ci viene dato da una bella e giovane ragazza, che con disinvoltura e professionalità di accompagna alla scoperta della lavorazione del ferro e della creazione di coltelli e armi da taglio oggi di grande pregio in tutto il mondo.

Perché Maniago?

Oggi a Maniago sono più di 100 le aziende che producono lame. La tradizione della forgiatura dei metalli risale addittura al 1453, quando Niccolò da Maniago fece costruire la prima roggia sul Colvera, lungo quella che oggi noi conosciamo come “La Via dei Magredi”. E già, perché se Maniago non dispone di giacimenti minerari, è un prezioso di punto di passaggio verso il Nord Europa, nonché una regione ricca di risorse acquifere, come per l’appunto il Cellina, il Colvera e il Meduna. Ed è così che lungo le più trafficate vie di passaggio nascono i primi opifici, trasformati nei periodi d’oro in più di 400 officine del ferro.

Col passare degli anni Maniago diventa un punto di riferimento legato alla lavorazione dei metalli e alla creazione di prodotti utili, richiesti e di ottima forgiatura. Gli utensili sono dapprima basici, ma col passare del tempo e con l’arrivo delle prime regole del Galateo si impreziosiscono per assecondare mode costumi. Nasce così, accanto alla figura del famoso “Fari da gros”, quella del “Fari da fin”.

Insomma, a dispetto di quel luogo comune che vede il friulano come un tradizionalista poco incline alle novità, pare che Maniago abbia sempre camminato controccorente, accettando le novità e adeguandosi alle richieste di un pubblico sempre più esigente.

Lo sapevate che oggi l’industria fabbrile di Maniago forgia armi e utensili richiesti anche dal mondo dello spettacolo? Se non ci credete fate una piccola ricerca, e scoprirete che dietro alla spada di Bravehearth o al pugnale di Rambo si cela il Made in Friuli!

Per chi invece volesse ancora respirare l’odore delle fucine e sentire i colpi di scalpelli e macchinari ancora in fervente funzione, consigliamo una passeggiata lungo le viuzze del centro e delle frazioni di Maniago. Addentratevi anche voi nella frazione di Maniagolibero alla scoperta dei tanti piccoli ma febbricitanti laboratori dove l’arte della lavorazione del metallo si trasmette di generazione in generazione, dove l’odore del metallo rovente si mescola alle pazienti ed abili mani di chi, radiolina alla mano in ogni stanza, dà vita a forbici, cavatappi e coltelli di ogni sorta e misura.

“Lavoro qui dal 1964”, ci racconta una signora del luogo, “e in 53 anni mi sono assentata una sola volta dal mio posto di lavoro, quando ho partorito uno dei miei tre figli. E beh, sono ancora qui!”

Oggi l’attività fabbrile maniaghese vive una felice condizione di continua evoluzione. I figli e i nipoti dei fondatori delle prime fabbriche stanno sperimentando usi altamente innovativi nella lavorazione dei metalli, come il taglio di altissima precisione dei materiali o la loro lavorazione sul piano molecolare.

Sportivi all’appello: tutti al Ponte Tibetano!

Se i musei vi incuriosiscono ma l’adrenalina è la vostra vera passione, tappa d’obbligo in Valcellina è una visita guidata al Ponte Tibetano, situato in prossimità del bellissimo Lago di Barcis.

Si tratta di una camminata sulla forra del Cellina, adatta davvero a tutti, grandi e piccini.

Il ponte, lungo 55 metri, è stato costruito lungo la vecchia strada che portava a Barcis, un vero e proprio canyon dove ammirare spiragli di rocce che abbracciano le turchesi acque del Cellina. Acquistando il biglietto presso il punto turistico di fronte al lago (costo del biglietto: 3,00 €) si può noleggiare imbrago ed elmetto e venire accompagnati da una guida a respirare a pieni polmoni quello che è forse uno dei punti più suggestivi della Riserva Naturale del Parco delle Dolomiti Friulane.

Il percorso è davvero adatto a tutti: una vera e propria esperienza “in quota”, dove i respiri seguono all’unisono l’andatura altalenante di ogni passo sul ponte. Un’esperienza unica, che consiglio di fare a chi, come me, ritrova nella Natura lo scorrere regolare della vita.

Peccati di gola Made in Friuli: a ognuno il suo!

E se tutta questa cultura e adrenalina vi hanno messo appetito, vi trovate nei posti giusti dove assaporare vere e proprie delizie 100% friulane. Qualche esempio?

La pitina. Si tratta di uno degli alimenti cardine della cucina povera di una volta, oggi assorto a Presidio Slow Food. La pitina non è altro che un impasto di diversi tipi di carne (capra e pecora tra tutti) impanata nella farina di granoturco e fatta affumicare per conservarsi nel tempo. Una vera delizia, dal sapore forte e deciso, da abbinare a una semplice e delicata patata bollita o a un pezzo di polenta.

La cipolla rossa di Cavasso. Venduta nella sua famosa “treccia”, la cipolla rossa di Cavasso, anch’essa presidio Slow Food, è famosa per il suo sapore dolce e delicato (tanto da essersi guadagnata l’appellativo di “cipolla del Bacio”) e viene oggi utilizzata nella preparazione di squisite mostarde e conserve da abbinare a carni e formaggi. Un tempo il suo impiego era addirittura farmaceutico, si dice infatti che tra le sue tante proprietà benefiche vi fossero quelle diuretiche e disinfiammanti.

La birra di Meni. Per i più assetati ecco un altro prodotto a km 0,  frutto della terra friulana e del sapiente lavoro di chi la abita. La “creatura” di Domenico Francescon, mastro birraio di Cavasso Nuovo e artista di combinazioni e abbinamenti decisamente azzeccati, ha fatto fortuna in tutto il mondo e oggi si presenta ai suoi estimatori sotto forme più o meno maltate, luppolate o fermentate. Chi, come noi, avesse anche la fortuna di venire servito dallo stesso Meni, famoso per la sua instacabile voglia di lavorare e i suoi modi garbati, avrà modo di assaporare, sorso dopo sorso, tutti i sapori del Friuli e della sua gente.

Cin cin Valcellina, e un cin a chi se ne prende cura ogni giorno con così tanta passione!

Amo immensamente questa terra, e più passano gli anni, più mi sembra ricca. Quando sarò vecchio, dai suoi torrenti, dai suoi laghi e dai suoi boschi mi verranno incontro i ricordi dell’infanzia, e il cerchio si chiuderà.

(M. Corona)

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