L’Abbazia di Sesto al Reghena: tra arte, spiritualità e natura

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Luoghi di fede e di preghiera, ma anche capolavori architettonici e artistici, le abbazie hanno sempre esercitato in me un grande fascino, per il senso di pace e di mistica contemplazione che sono capaci di trasmettere. Visito per la prima volta l’Abbazia di Sesto al Reghena in un assolato Sabato mattina di Dicembre, una di quelle tipiche giornate dove il freddo pungente si sposa con uno splendido sole invernale, stuzzicando la curiosità ad uscire e farsi sorprendere da qualcosa di nuovo.

In uno degli angoli più meridionali della provincia di Pordenone sorge il comune di Sesto al Reghena, uno dei nove borghi più belli d’Italia presenti in Friuli Venezia Giulia, soprattutto in ragione dell’incantevole complesso abbaziale di Santa Maria in Sylvis, così denominata perché, alla nascita, immersa in una estesa selva, dal latino “silva”.  Non nasce tuttavia come abbazia: l’origine del nome di Sesto, infatti, deriva da “statio ad sextum”. In epoca romana era un presidio militare che diventa Abbazia Benedettina solo alla fine del VII secolo. Del complesso abbaziale ci accoglie il magnifico Torrione d’ingresso, ornato dallo stemma dei Grimani, potente famiglia veneziana di abati e patriarchi, dal leone di San Marco e da figure allegoriche.

L’originalità dell’abbazia di Sesto al Reghena risiede nel suo presentarsi  in forma di castello”cioè fortificata

fatta di “porte, torri e fosse” costruite nei secoli dall’uomo per raccogliere, custodire e rimandare una serie inestimabile di tesori artistici. L’impatto è imponente, austero: lo sguardo corre lungo la bellezza circolare e perfetta della piazza Castello, incantato dal fascino di un luogo in cui lo spazio e il tempo sembrano dilatarsi perdendo la loro dimensione fisica e scuotendo quel senso di spiritualità profonda racchiusa in ognuno di noi.

L’abbazia di Sesto al Reghena, protetta nel medioevo da mura e sette torri, oggi comprende l’antica chiesa dedicata a Sant’ Andrea di cui si legge solo il perimetro, la Basilica, la residenza Abbaziale, ora Palazzo del Comune, la Cancelleria Abbaziale, la Casa Canonica, il Torrione d’ingresso e la Torre campanaria.

LA CHIESA ABBAZIALE: MERAVIGLIA ARTISTICA E SUGGESTIONI MISTICHE

Il fascino di luoghi come le antiche abbazie è unico come i colori che irradiano: e il colore nella Abbazia di Sesto al Reghena è una nota delicata e ricercata che ci accompagna lungo tutta la visita. 

Da subito mi stupisce il fatto che la basilica non abbia una facciata a vista, ma un accesso attraverso un originalissimo vestibolo-atrio che contribuisce ad accrescere la curiosità ed una certa soggezione verso un luogo di grande spiritualità: varcando il portale si accede ad un vasto atrio, con uno splendido soffitto quattrocentesco a travature scoperte, dalle pareti interamente affrescate. Si tratta di un ciclo pittorico dal significato allegorico, che raffigura San Michele arcangelo che pesa le anime consegnando quelle buone agli angeli del paradiso, mentre sulla sinistra si vede l’Inferno con i dannati e Lucifero dalle ali aperte. L’autore di questi dipinti fu, intorno al 1490, Antonio da Firenze con i suoi allievi.

Entriamo nell’atrio con la curiosità di chi ha fretta di scoprire: in realtà la bellezza e la delicatezza di questi affreschi merita quel tempo lungo e libero così difficile da mettere in pratica.

Del resto quell’enorme portone in legno che rappresenta il vero ingresso alla basilica fa volare la mente e la fantasia dei più piccoli che si affrettano ad aprirlo. Oltre la meraviglia.

In quel momento eravamo i soli ad entrare in chiesa: i raggi del sole fuori disegnavano all’interno dei tagli di luce suggestivi e mistici al contempo; gli spazi e la verticalità architettonica ci faceva sentire piccoli piccoli. Ma soprattutto gli affreschi mi lasciano letteralmente senza parole: autentici capolavori artistici di scuola giottiana realizzati probabilmente tra il 1324 e il 1336 da un maestro che fu tra gli aiutanti di Giotto nella realizzazione della Cappella degli Scrovegni.

La sensazione è quella di essere di fronte a uno dei modi in cui l’Uomo può realmente farsi grande: attraverso la bellezza delle sue opere, con quella naturale tensione verso l’Altro che nell’arte spesso è riuscita a farsi ricerca della perfezione, armonia ed equilibrio col creato.

Il silenzio assoluto, la bellezza straordinaria degli affreschi su cui ci soffermiamo a lungo e la solennità che il luogo comunica ci trasporta per qualche minuto in una dimensione senza tempo, regalandoci attimi di autentica serenità e pace interiore.

APERITIVO AL VECCHIO DEPOSITO: IL PIACERE DI SENTIRSI A CASA

Proprio accanto al complesso abbaziale, si trova la trattoria Vecchio Deposito che ci viene suggerita per un aperitivo ristoratore. Il consiglio si è rivelato una vera manna per dare libero sfogo alla vitalità dei bambini, messa a dura prova da un itinerario decisamente troppo “mistico” per le loro possibilità!

Il Vecchio Deposito, ospitato in un edificio risalente al XIX secolo, è un locale dove ci si sente a casa!

Le ampie vetrate offrono una bellissima vista sull’esterno ed un effetto “veranda” davvero rilassante; mentre l’interno è un accogliente salotto arredato con gusto e attenzione ai dettagli in un originale mix tra citazioni retrò e soluzioni che fanno decisamente casa, come la fantastica stufa in ghisa per momenti di autentico relax invernale! Ottimo l’antipasto misto della casa!

ANCHE LA NATURA NON MANCA: I PRATI BUROVICH E IL LAGO PREMARINE

Inaspettatamente ci rendiamo conto che Sesto al Reghena non offre solo un viaggio nel passato ma anche anche un territorio unico dal punto di vista naturalistico, fatto di corsi d’acqua, laghi, chiese campestri e piccoli borghi con mulini. La scoperta nasce come sempre dalla curiosità. Da sempre adoro seguire i suggerimenti turistici “al buio”, che mi si presentano, cioè casualmente e senza che ne conosca nulla. Ecco quindi che un semplicissimo cartello “Prati Burovich e Lago Premarine” cattura la mia attenzione e ritarda il rientro a casa.

Lasciamo il centro storico, quindi, e, attraverso il cortile di qualche casa, veniamo letteralmente catapultati nel complesso dei prati Burovich, che scopro essere una testimonianza delle sistemazioni agrarie realizzate sulla sinistra del fiume Reghena tra il ‘700 e l’800.  Pezze allineate e contigue a prati stabili, larghe una trentina di metri si allungano formando grosse fasce verdi, unite dalle alberature che fiancheggiano i fossati. Proprio in questi prati prende vita un sentiero che si trasforma in passerella, dapprima attraversa e poi costeggia questo comprensorio di una decina d’ettari, in un fantastico “complesso architettonico vegetale”. Una passeggiata semplice e rigenerante, che abbiamo percorso fino al lago di Premarine, un lago di cava rinaturalizzato, dove perdersi con lo sguardo, e, perché no, in una sana gara di lancio del sasso nel lago!

Che dire quindi? Sesto al Reghena non è una scoperta.

Non lo è perché è li da 1.400 anni, perché da tempo è un paese orgogliosamente iscritto alla prestigiosa lista dei Borghi più belli d’Italia e perché, così com’è, immerso nella suggestiva cornice abbaziale è bellissimo. Non è privo di fama, anche perché da quando c’è Sexto ‘Nplugged, manifestazione musicale estiva tra intimità e sperimentazioni sonore con artisti d’avanguardia di livello internazionale, ci vengono in tanti, anche se forse ci passano e basta. Insomma, la possibilità che la conosciate è buona. Ma, se così non fosse, allora posso garantire che l’incontro sarà una sorpresa e come tutte le sorprese inaspettate, vi rimarrà nel cuore.

Come è successo a noi.

2 Responses
  • valentina
    Gennaio 10, 2017

    Descrizione perfetta, l’ho dico da sestense DOC. Mi sono permessa di condividere la vs esperienza su facebook e non vi dico i Like. Complimenti ancora.

    • admin
      Gennaio 13, 2017

      Grazie Valentina! Era la mia prima volta a Sesto al Reghena ed è veramente un gioiello da raccontare! Ci tornerò sicuramente quest’estate per il Festival, se hai suggerimenti da darmi sono super graditi! A presto, Barbara

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