
Amo il silenzio che riempie certi luoghi.
Attraversandoli ti pare di sentire il ricordo appena accennato di tempi di vacanza, di stagioni più assolate, di spazi più gremiti, di voci divertite per momenti di gioco e di svago. Visitare Grado d’inverno, per chi, come me la frequenta quasi esclusivamente d’estate, è entrare in un preciso stato mentale: quello a cui ti porta il mare d’inverno.
Nota come “l’isola del sole” per le sue spiagge esposte a sud e abbondantemente soleggiate, Grado è oggi una moderna località turistica dell’alto Adriatico. A differenza di molte “concorrenti” vanta una storia millenaria: considerata fin dall’Ottocento la più ambita spiaggia dell’impero Austro-Ungarico, l’antico villaggio di pescatori, tra l’omonima laguna e il Mare Adriatico, vanta una storia che risale alla Gradus romana del II sec d.C. e una notorietà legata alle sue spiagge, ai servizi balneari di grande qualità e alle proprietà terapeutiche della sua sabbia e della sua aria.
In questo luogo senza tempo, regno d’acqua, di silenzio e di vento, “tira” la Bora, fresca ed asciutta da Nord-Est e spira caldo ed umido lo Scirocco da Sud-Est.
Decidiamo di tornarvi durante una grigia e uggiosa domenica di dicembre: una di quelle giornate in cui la luce sembra sfaldarsi in minuscole gocce di pioggia; in cui i colori non sembrano al loro posto; in cui quel grigio del cielo che sostituisce il blu intenso delle solari giornate estive ammorbidisce i contorni e costringe lo sguardo e lo spirito ad un riposo forzato.
Cominciamo il nostro vagare dal lungomare Nazario Sauro.
Per i gradesi è familiarmente la “diga”. Lunga circa un chilometro, venne eretta dal governo austriaco nel 1885 a protezione dal mare e dal secondo dopoguerra venne adattata a passeggiata a mare. Sulla “diga” avviene l’incontro con il mare aperto, con l’impeto dei venti che percuotono l’isola davanti ad un orizzonte dal quale, quando è sereno, si possono contare quasi i palazzi di Trieste tanto sembrano vicini.
I luoghi di mare, specie nell’alto Adriatico, sono di solito una spiaggia con numerosi palazzi costruiti dopo il boom economico, ideale per riposare, ma privi di stimoli per chi è un po’ più curioso. A Grado, invece basta voltare le spalle alla costa e addentrarsi tra le strette calli del centro storico per sentirsi quasi in una piccola Venezia, città peraltro profondamente legata all’isola di Grado tanto che il suo primo patriarca aveva sede qui, prima di spostarsi nel sestiere di Castello, dove c’è l’Arsenale.
Così continuiamo a vagare senza meta nel dedalo di calli e viuzze: i passi ricalcano la storia di «Nova Aquileia di Venezia Madre».
Grado ha un centro storico che è un labirinto di calli, campi e campielli una volta racchiuso nelle mura del castrum Gradense. Proprio qui sorgono le meravigliose basiliche paleocristiane di Sant’Eufemia, il Battistero e Santa Maria delle Grazie che vengono costruite proprio durante gli anni del patriarcato, a testimoniare il potere strategico, religioso e commerciale dell’isola. A Grado troviamo dei palazzi in stile veneziano e altri in stile asburgico a dimostrazione del fatto che la storia ha disegnato questa città.
Testimonianze paleocristiane, mosaici di onde subacquee e San Michele, l’«Anzolo» segnavento che sormonta il campanile del Duomo, ci accompagnano nell’antico castrum e suggeriscono alla fantasia quell’atmosfera di belle époque che seguì il decreto imperiale del 1892 con cui Francesco Giuseppe elevava la cittadina a luogo di cura e di ritrovo dell’aristocrazia mitteleuropea.
Lasciamo il labirinto di viuzze del centro storico per rientrare a casa: ripercorriamo la Diga per farci accompagnare ancora dal rumore delle onde che si infrangono ininterrottamente sulle rocce, e assaporare il profumo inebriante della salsedine. Solo una manciata d’ore in una pigra domenica d’inverno: l’ascolto del vociare del mare freddo e nervoso, quel passeggiare indefinito senza meta in percorsi di storia, di vita semplice, di riti che si perpetuano nella loro bellezza; quel senso di attesa e riposo che, forse, ci impone una tregua nella corsa del quotidiano.
Sì, il mare d’inverno custodisce quella dolce intimità che è quasi impossibile raggiungere nelle altre stagioni.