
Il Carso triestino d’autunno è uno spettacolo difficile da descrivere a parole.
Passeggiare lungo i suoi mille sentieri, accarezzando con lo sguardo un paesaggio aspro, non ancora addomesticato dalla mano dell’uomo, e facendosi abbagliare dall’esplosione di colori del Sommaco tipico arbusto di questa terra, detto anche detto anche “Albero della Nebbia” con le sue foglie dai vivi colori che vanno dal giallo paglierino, al rosso, al porpora, al viola, per prendere, infine, sfumature dorate…ecco tutto questo rende una passeggiata d’autunno lungo gli innumerevoli itinerari del Carso un’esperienza quasi terapeutica, un’iniezione di luce e colore che trasforma il lento incedere in una carezza per il cuore e lo spirito.
Il monte Ermada rappresenta un itinerario che d’autunno, permette di abbinare la meraviglia dei colori d’autunno con il piacere della memoria storica. Infatti rappresentò nel corso della Prima Guerra Mondiale una roccaforte austroungarica che l’esercito italiano non riuscì mai ad espugnare. Il monte è posizionato dove la costa adriatica vira decisamente verso sud-est in direzione Trieste; è facilmente visibile dal mare e dalla pianura circostante perchè rappresenta il rilievo più significativo della zona.
L’escurisione parte da Ceroglie un paese che si può facilmente raggiungere da Aurisina situato ai piedi del monte Ermada, parte più precisamente dalla carrabile che inizia dove finisce la strada che proviene da Malchina e attraversa tutto il paese.
Durante la Grande Guerra, dopo la batosta della Sesta battaglia dell’Isonzo, l’esercito austro-ungarico, una volta abbandonate le alture attorno a Monfalcone si era attestato lì proprio sul monte Ermada: una fortezza naturale, ricca di cavità e doline in cui trovare riparo, resa ancora più inaccessibile da un sistema di trincee, bunker, appostamenti. Lo scrittore e soldato Friedrich Weber, detto “Fritz”, la definì «l’indomabile bestia». Doveva resistere a qualsiasi costo, perché era la chiave di volta dell’intero sistema difensivo di quella parte del fronte. Nell’arco di poche migliaia di metri erano stati realizzati trenta chilometri di trincee, camminamenti, ripari, osservatori blindati, decine di caverne naturale attrezzate, nidi di mitragliatrice e postazioni d’artiglieria. Un reticolo inestricabile.
Di fatto, il Monte Ermada non fu mai espugnato, nonostante i bagni di sangue della Decima e Undicesima battaglia dell’Isonzo.
Attraversare questi luoghi non lascia indifferenti.
Qui la bellezza naturalistica rapisce lo sguardo e, al contempo, accompagna in una dimensione di silenzio e quiete, che, in fondo, è una preghiera che onora la memoria di una storia da non dimenticare.